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Chiesa della Annunziata Nuova (o del Rosario)
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::Chiesa della Annunziata Nuova (o del Rosario) a Collesano » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa della Annunziata Nuova (o del Rosario)

Chiesa della Annunziata Nuova (o del Rosario)




In origine la chiesa fu affidata ai Domenicani dell'annesso convento, oggi palazzo municipale, e si presenta ad una navata. Custodisce tele del '600, un gruppo marmoreo cinquecentesco rappresentante l'Annunciazione e un interessante sarcofago parietale in pietra del 1402 con le spoglie di alcuni conti collesanesi, quali Antonio Ventimiglia, la moglie Elvira Moncada, la figlia Costanza e Pietro Cardona.
Il primo insediamento a Collesano risale alla metà del ‘400 e sembra che i primi Padri Predicatori siano venuti dal vicino «loco» di Isnello (C. Virga, 1887) i cui ruderi sono ancora visibili nella vallata dell’Isnara, appena dopo la località Mongerrati, confusi con quella dell’antica Chiesa di S. Leonardo già degli Agostiniani di S. Giorgio di Gratteri.
A Collesano i Domenicani si stanziano fuori le mura, nelle adiacenze dell’odierno cimitero, presso una chiesuola dedicata all’Annunziata rimanendovi per poco tempo essendo costretti ad abbandonare il loro convento per «l’inclemenza dell’aeree», come scrive Rosario Gallo (ms. 1736), che è la fonte principale di questa nota. facciata-chiesa-del-rosario.jpgIn effetti la località di ubicazione nel convento già nel toponimo «Gioppo» evidenzia una condizione di insalubrità dovuta allo stagnare delle acque del torrente Mora, che proprio confluiscono nel Roccella generando, molto probabilmente, la malaria.
Il siciliano «Giuoppu», come ancor oggi è chiamata la località. Derivava dallo spagnolo Jope o dal catalano Jop, termine che indicano entrambi «un insetto che sta nell’umido» (G. Gioeni, 1885). Ad aggravare la situazione ambientale potrebbe anche aver concorso il lino che in quel corso d’acqua veniva messo a macerare, come testimonia il toponimo «Fiume di lino» col quale i collesanesi indicano quel tratto del torrente Roccella. Le condizioni ambientali sfavorevoli dunque costringono i Domenicani all’abbandono, che però ritornano nel loro convento dietro concessione del Vescovo di Cefalù del 20 aprile 1501. Vescovo è proprio un domenicano: Rinaldo Monterò.
Circa mezzo secolo dopo un altro spostamento questa volta definitivo. Susanna Gonzaga, vedova del conte di Collesano Pietro Cardona II, fa erigere dentro le mura la Chiesa dell’Annunziata Nuova ed ottiene Breve Apostolico da Paolo III il 10 agosto 1547, esecutar iato in Sicilia (per effetto dell’Apostolica Legazia) solo nel 1550 e controfirmato dal Vescovo Francesco Aragona il 6 marzo 1551. Per effetto dell’atto, la contessa può affidare la Chiesa a regolari o secolari, secondo il suo gradimento.
è così che, anche con il concorso del Comune, tra il 1551 e il 1560 viene costruito un nuovo convento sotto titolo dell’Annunziata Nuova da affidarsi ai Domenicani che avranno cura della Chiesa annessa. Il nuovo convento è oggi il Palazzo Municipale, mentre quello precedente verrà chiamato dell’Annunziata Vecchia.
Nella ricostruzione della vicenda dei due conventi domenicani ho preferito seguire la cronologia del notaio arciprete Rosario Gallo perché continuamente ancorata a precisi atti notarili, piuttosto che quella più generica del Pirri (ripreso dall’Amico) o quella più recente del Cucinotta (Popolo e clero in Sicilia..., 1986) fondata, per questa parte, sul «manoscritto Montalto» di Trapani. Le date proposte dai vari storici hanno discordanze significative.
Primo Vicario del convento dell’Annunziata Nuova Frà Vincenzo Saladino «il quale fu nostro paesano e poi fondatore del convento di S. Domenico di Castelbuono, come lo dimostra il suo ritratto in quella sacrestia». Così si esprime lo storico collesanese Gallo, mentre dal Cucinotta si apprende che il convento castelbuonese viene fondato, sotto titolo del Rosario il 25 aprile 1583 col concorso del marchese Giovanni Ventimiglia e dotato di terreni e bolle anche da sua moglie.
Insediatisi all’Annunziata Nuova, i Domenicani collesanesi mantengono pure il dominio ed i possesso del loro primitivo convento dell’Annunziata Vecchia fino al 1571, quando dal 27 aprile di quell’anno si assiste ad una serie di eventi che la tradizione locale riconosce come i miracolo di Maria Santissima (poi patrona di Collesano) che non consentono di lasciare incustodita e senza culto la Chiesa dove si manifestano i fatti prodigiosi.
Né d’altra parte i Domenicani sono in condizione di assicurare il servizio religioso in entrambe le chiese dell’Annunziata.
quadro%20dellimmacolata.jpgIn questo quadro, su richiesta di popolo e giurati (amministratori comunali) i Domenicani rinunciano in favore del Comune alla Chiesa e al convento dell’Annunziata Vecchia, che vengono affidati ai Carmelitani per passare dopo il 1594 ai Cappuccini sotto il titolo di Maria Santissima dei Miracoli. Per effetto della rinuncia il Comune versa ai Domenicani 72 onze che vengono impiegati dai frati per costruire alcune case attorno al convento.
Il documento di rinuncia, regolarmente ratificato dal Provinciale, è stipulato il 26 maggio 1571 dal notaio Giacomo Lanza. Al momento del loro passaggio al nuovo convento i Domenicani portano nella loro Chiesa il gruppo marmoreo dell’Annunziata, togliendolo dalla cappella di patronato della famiglia Schimmenti.
Si apre una lunga lite che di conclude solo con l’intervento del Visitatore Generale: l’Annunziata rimane nella nuova Chiesa Domenicana, agli Schimmenti vengono riservati alcuni posti di sepoltura nella stessa. è questo il gruppo marmoreo riecheggiante moduli gaginiani, che ancora oggi si conserva nella Chiesa dell’Annunziata Nuova o del Rosario.
Già con i Cardona, ma poi anche con i successivi conti di Collesano, i PP. Predicatori possono contare sull’elemosina di 10 salme annuali di frumento che vengono regolarmente corrisposte dalla Deputazione degli Stati dei Moncada senza alcun «attrasso».
A metà del ‘600 il convento domenicano registra oltre duecento onze di entrata (per 175 introiti temporali, il resto spirituali) che risultano dimezzate circa un secolo dopo quando nello stesso è in attività uno studio di filosofia con lettore (professore) e tre studenti, mentre per alcuni anni è in funzione uno «studium» di teologia con altrettanti studenti.
Poco dopo la metà del ‘600 consistenti frane interessano la chiesa ed il convento dei Frati Minori Conventuali e nella circostanza viene trasportato nella chiesa domenicana il mausoleo marmoreo quattrocentesco con le spoglie di Antonio Ventimiglia, della moglie Elvira Moncada, della loro figlia Costanza nonché quelle di Pietro Cardona morto alquanto dopo. Il mausoleo, datato 1402, costituisce una delle opere più interessanti della chiesa.
Nella stessa permane una tela del 1623 con la Madonna del Rosario e Santi erroneamente attribuita a Vincenzo da Pavia, ma opera che abbiamo documentato allo Zoppo di Gangi Gaspare Bazzano. Certa anche la paternità di una “Circoncisione” seicentesca che va assegnata al pittore collesanese Giovanni Giacomo Lo Varchi, che sembra conoscere analogo tema trattato dal Paladini.
Allo stesso Lo Varchi è attribuibile la tela con “L’Immacolata”, del pittore locale invece sono andati quasi completamente perduti gli affreschi con storie di S. Domenico, in seguito al dissesto della Chiesa conseguente alle frane del 1710.
L’architetto Napoli, lettore domenicano, che cura il ripristino della struttura fa ridurre l’altezza della chiesa «disgravandola dal peso del tammuso con un tetto piano edificandola con un nuovo arco».
Gruppo Marmoreo dell'Immacolata Ritengo che in tale occasione sia stato anche eseguito il bel bugnato a grossi conci che funge da muro di sostegno del terrapieno adiacente all’edificio, mentre la trabeazione e le colonne che incorniciano il portale d’ingresso sono state rimosse da S. Maria dello Stellario. Alle spese di consolidamento concorre il Comune che vi destina per tre anni le entrate della gabella dell’ufficio del Mastro di Piazza che ha il compito della vigilanza sui mercati, fiere, merci, generi alimentari, ecc.
Nel 1769 il convento si arricchisce di una seconda elevazione (G. Di Marzo, Annotazioni a V. Amico).
Per effetto poi della legge del 1866 sulla soppressione delle corporazioni religiose esso viene concesso al Comune dal demanio statale come compenso del quarto dei beni ecclesiastici e subito dopo con delibera del consiglio comunale del 13 aprile 1880, che approva il progetto dell’ing. Giovanni Salemi Pace destinato all’allocazione degli uffici comunali, della caserma dei carabinieri della pretura e degli uffici postali. Dopo l’antico trasferimento di questi ultimi e l’inaugurazione di una nuova caserma, tutto il palazzo è destinato a sede municipale. Alla ristrutturazione ottocentesca ritengo vada collegato il coronamento con merlatura «ghibellina» delle ali laterali.
Alla presenza domenicana a Collesano è dovuto il culto per S. Domenico, per la Vergine del Rosario e quella per S. Vincenzo Ferreri la cui festa, ancor oggi celebrata l’ultima domenica di luglio, risale all’inizio del ‘700. Agli stessi Domenicani si deve l’istituzione nel 1574 della Confraternita del Rosario che ottiene il primo statuto il 2 giugno 1600 dal priore Frà Pietro Sunseri. La Confraternita è ancor oggi attiva.




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